venerdì 17 aprile 2009

MAFIA E CAPITALISMO

La guerra non è altro che la continuazione della politica con altri mezzi” sosteneva Karl von Klausewitz nel 1932, per evidenziare l’indissolubile legame che sussiste fra il conflitto bellico internazionale e la vita quotidiana dello Stato. Oggi possiamo dire che “la mafia non è altro che la continuazione del capitalismo con altri mezzi”, per evidenziare il legame tra lo sviluppo capitalistico e le organizzazioni mafiose.

Parlare oggi di mafie vuol dire entrare in un mondo variegato che ha aspetti molteplici e pratiche diverse a seconda della struttura mafiosa in esame e dei suoi rapporti con il territorio in cui opera, l'economia di cui si mantiene, il mondo politico con cui fa affari. Ma esistono due costanti: lo stretto rapporto con l'economia ed il controllo sociale del territorio, che riscontriamo in tutte le strutture mafiose, sin dalla loro nascita nel meridione d'Italia. Lo sviluppo socioeconomico del sud è stato condizionato dal mantenimento di strutture feudali e di controllo territoriale mai del tutto superate politicamente e pertanto, non essendoci stata un'industrializzazione dei territori, non si è formata una classe operaia organizzata in grado di imporre un cambiamento dell'ordinamento sociale. Nel dopoguerra, con la decadenza dei latifondisti e la carenza dell'amministrazione statale, si è creato un vuoto di potere presto occupato da organizzazioni extralegali che, da sette modello massonico (con pratiche d'iniziazione e giuramenti di fedeltà) si sono sviluppate inglobando e controllando l'impianto economico che ripartiva dopo il conflitto. Da allora l'aumento del potere politico ed economico mafioso è costante, ed in alcuni contesti cosi forte da sostituirsi interamente allo Stato. Oggi le mafie in alcune regioni non emergono più dalla cronaca nera, si sono interamente concentrate sul piano economico-legale e del controllo politico elettorale dei territori allargando il raggio geografico e la portata degli affari. Il controllo dei territori da parte delle mafie viene reso possibile dall'assenza o dal malfunzionamento dello Stato sociale in tutti i suoi aspetti (sanità, scuola, salario sociale, etc). Il degrado culturale diffuso è condizione fondamentale dell'insediamento della cultura mafiosa. Inoltre, nell'epoca del neoliberismo e della dismissione dei servizi statali, il dominio mafioso sta facendo un ulteriore salto di qualità allargando i settori e la profondità del suo intervento.

Passiamo ora all'antimafia, cercando di capire il perché, nonostante anni di repressione poliziesca e della magistratura, i risultati sono a nostro parere modesti. Molto spesso l'unico concetto su cui si basa l'antimafia è quello di “legalità”. Qual è la carenza profonda di questo impianto? Semplice: non focalizza il problema centrale ma la conseguenza. Per capirci portiamo un esempio: è come se in presenza di un malato che abbia un'infezione, e come sintomo di essa la febbre, invece di curare la causa (l'infezione) i medici pensassero solo a somministrare medicine per far abbassare la febbre. Ovviamente è tutto inutile, il malato è destinato a restare tale se non si interviene sulla causa.

Noi invece proponiamo un'antimafia che analizzi la società e i suoi mali, partendo dalla mancata soddisfazione dei bisogni della gente, e che lotti contro un sistema economico-politico connivente ed integrato alla criminalità: “l'antimafia sociale”. La nostra impostazione parte dall'esperienza di Peppino Impastato, Pio La Torre e tutti quelli che hanno combattuto il sistema politico-economico-mafioso complessivamente. Le nostre proposte mirano ad eliminare il terreno socio-economico-culturale in cui si affermano le mafie; sono il salario sociale a tutti i disoccupati, il controllo degli appalti, la legalizzazione delle droghe leggere, la diffusione della cultura tramite la scuola e l'università pubblica. Al centro della nostra azione antimafia devono necessariamente esserci i diritti sociali, per tutti, unica vera cura alle mafie ed alle criminalità organizzate. Ovviamente lo Stato, ma più in generale il “sistema”, non combatte in profondità le cause del “male-mafia” perché condizione necessaria per la sua rimozione è la messa in discussione di tutto l'impianto politico-economico-sociale.

Ma non sentiamoci soli: c'è un popolo, ancora silenzioso ma stanco del dominio mafioso, invisibile e spesso poco cosciente dei fenomeni mafiosi di cui vede solo le conseguenze e non le cause. Questo è il nostro referente. Ripartiamo da quella voglia di cambiamento, di trasformazione sociale, che è energia da canalizzare verso obiettivi concreti. Ripartiamo dal basso per distruggere il potere criminale in tutte le sue forme.

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